9.03.2008

Atlante dei prodotti tipici dei parchi italiani

Il territorio delle aree protette è il 10% di quello nazionale, cioè tanto, tantissimo. E proprio in quel dieci per cento ci sono le aree meno antropizzate del nostro Paese, le meno stravolte da un falso concetto di modernizzazione e, di conseguenza, le più ricche di esempi autentici di agricoltura, di artigianato, di specialità alimentari tradizionali.Le aree protette, per ragioni intrinseche, hanno favorito una spinta molto forte alla creazione di nuove imprese agroalimentari: pensiamo a tutto quel che significa il nuovo agriturismo, all’impulso che ha avuto l’agricoltura biologica o alla salvaguardia di germoplasma a rischio di estinzione. Tutte attività “nuove” che vanno a sovrapporsi e ad integrare quelle tradizionali ancora esistenti. E nel nostro paese sono ancora tantissime, un giacimento che, più si scava, più riserva sorprese.Dopo un primo approccio, ci siamo resi conto dell’immensità e della novità di questa impresa. Non si trattava “soltanto” di catalogare le varie tipologie di prodotti, come, con encomiabile preveggenza, alcuni anni or sono fece l’équipe del professor Corrado Barberis, un lavoro poi trasferito nella fondamentale serie di “Atlanti” pubblicati dall’Insor. Occorreva completare le caselle dei prodotti tipici con i nomi dei produttori, con l’inventario di artigiani, allevatori, agricoltori.Non solo: con grande lungimiranza il Ministero ci chiedeva di compilare quell’inventario non come un elenco telefonico, ma attribuendo a quei produttori un giudizio prima di merito (quel prodotto è tipico? Rispetta i parametri di territorialità, tradizione, genuinità che un prodotto tipico deve esprimere?) e poi organolettico.

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